1 Agosto
Da Punta Lilibeo, l’estremo corno occidentale dell’isola di Sicilia, parto in mattinata costeggiando il mare che, calmo e azzurro, mi lascia intravedere le Egadi a un tiro di schioppo.
La strada rientra subito in direzione est, tanto per cambiare, e mi ritrovo in aperta campagna.
Proseguo per una trentina di chilometri e, dopo una serie di dolci tornanti, ubriaco di campi e vigneti a perdita d’occhio, mi appare un obelisco ai piedi di una collinetta. So di essere arrivato sul campo di battaglia in cui volarono le prime fucilate dell’impresa dei garibaldini.
Non racconterò di quel momento storico i fatti che avete sentito a scuola, non di certo le manovre politiche e gli accordi dei “piani alti”. Vi racconterò, con le parole di un testimone, due aneddoti di quel giorno, leggendo i quali capirete l ‘incisione sulla lapide che ho fotografato.
Capitava spesso che il cavallo di Nino Bixio si imbizzarrisse perchè aveva il caratteraccio del suo cavaliere. Quella mattina Bixio arrivò in testa alla colonna di garibaldini sbottando “E beh? Che si aspetta?”, finito di tuonare quella frase il suo cavallo lo rovesciò per terra “facendo mulinello che sembrava un montone” e scappò fino a Vita (tra Salemi e Calatafimi) ” dove la gente riescì a fermarlo e a ridurlo nei termini della discrezione”.
Intimoriti, altri cavalli delle prime file cominciarono a scalciare e ” il buon Montanari, che forse aveva la bestia più indocile, e forse era tra i tanti cattivi cavallerizzi il peggiore, mancandogli improvvisamente le staffe, capitombolò a terra in mezzo a un nembo di polvere. S’ alzò in piedi il pover’uomo che pareva un pesce pronto per esser fritto”.
Montanari impolverato andò a chiedere del cognac a Bandi, poichè l’acqua era finita, e leggendo la frase ” Italia e Vittorio Emanuele” su una pergamena che sporgeva dalla tasca del compagno, dopo aver lanciato un gran sagrato contro l’ Onnipotente disse ” Oibò! Son fuggito in Svizzera e fino tra i greci per non sentir rammentare casa Savoia e ora è in bocca di Garibaldi? Dinanzi son caduto da cavallo, adesso sento rammentare Vittorio Emanuele ; mi manca la terza disgrazia e scommetto che verrà…Oggi, la prima palla è la mia”.
Racconta poi Bandi della battaglia: “era una pugna feroce, dolorosa unicamente perchè fra italiani si combatteva. […] Ci unimmo alla compagnia di Benedetto Cairoli al grido di -Viva l’Italia!-, eran pavesi e correvano con la miglior voglia del mondo, ma dopo pochi passi il Montanari cadde bocconi.
-Che hai Montanari?- chiesi, -Una palla in un ginocchio…-. Lo volemmo rialzare, ma fu lo stesso che alzare un cencio. -Aspettami, dissi, verranno a prenderti, o ti prenderò io quando sarà tempo.-
Il poveretto, mi pare di vederlo ancora, alzò la mano tre volte o quattro finchè io mi volsi a guardarlo, e parea dirmi -Non ti scordar di me!-.
L’ infelice era presago puro purtoppo, e non passarono due ore che la sua profezia fu compiuta. Montanari morì a Vita per l’ aggravarsi delle sue condizioni.”
Vi è poi, tra gli innumerevoli momenti epici, l’ episodio di Schiaffino e della bandiera contesa.
“Dalla spianata scesero Menotti, Bixio e Schiaffino che aveva la bandiera. Menotti e Bixio gridavano, incoraggiando i soldati a salir di nuovo all’assalto; e l’assalto fu rinnovato ancora.[…] I borbonici erano quasi sull’orlo del ciglio della spianata e menavano sante busse. Un drappello di costoro, veduta la ricca bandiera, si fè vicino al terzetto formato da Elia, Menotti e Schiaffino, e cominciò a serrarglisi sopra.
I tre moschettieri, belli e bravi quanto possono essere tre eroi da romanzo, tirarono colpi di carabina e revolver finchè ebbero le armi cariche, poi si avventarono colle baionette in resta contro gli assalitori.
Me ne rammento come in sogno, perchè io pure avea pane per i miei denti. Il drappello di cacciatori voleva conquistar la bandiera ad ogni costo e si spinse gridando addosso ai tre compagni. Ne strapparono dei lembi ed Elia e Menotti respinsero ancora. Vedendo la bandiera in quel tremendo risico e quasi sola in mezzo ai nemici, gridai -salviamo la bandiera!-.
Giunsero quindi sette o otto nemici a capo dei quali era un sergente alto della persona e rosso, e tutti insieme avvilupparono i tre.
Il fucile del sergente appoggiato colla puntadella baionetta al petto di Schiaffino, fece fuoco, e Schiaffino cadde indietro sollevando in alto, nel cadere, la bionda e lunga barba, e lasciò la bandiera, che in mezzo a grida sparì dalla mia vista.
Mentre Schiaffino cadeva, Menotti era ferito in una mano, ed Elia riceveva una palla in bocca che lo stese per morto”.
La bandiera fu poi recuperata e la battaglia vinta, ma alto fu il prezzo in sangue giovane per tale risultato. Lo stesso Bandi fu ferito da diversi colpi e riprese poi i Mille che già erano a Palermo.
Andate in quella valle, sentirete ancora Bandi urlare – Salvate la bandiera!-.
L’arrivo ad Alcamo ve lo racconto da Palermo.