Nello Yukon ero alla ricerca di una grande avventura, delle tracce di un esploratore del passato e del mio futuro.
Ma alla fine di quel percorso, vivo ora in un profondo senso di sbandamento. Manca qualcosa, mi sembra tutto un incredibile paradosso. Appena raggiunto l’obiettivo, mi sono nuovamente allontanato da me stesso.
Ma bisogna accettare la realtà dei fatti. Nel bene o nel male lo Yukon è finito. È tempo di qualcosa di totalmente mio, una nuova avventura, creativamente stimolante. Ma come creare i presupposti per viverla?
LAOS – NELLA GIUNGLA CON KHAN
Nella spedizione nello Yukon la parola chiave è stata “Paura”. Questo è innegabile. Non c’è stato un giorno in cui non abbia avuto paura di non farcela. Debolezze da uomo comune che si cimenta con l’ignoto. Ora si apre un nuovo scenario, un altro capitolo, al termine del quale si leggerà, inevitabilmente, un’altra parola chiave. Vivere per mesi su un grande fiume del Nord mi ha aiutato a farmi un’idea su queste enormi masse d’acqua che trasformano le valli in canyon e possono letteralmente segare le montagne in due, con un lavoro che va ben oltre l’immaginazione e il tempo dell’uomo.
Come conseguenza, ho pensato che conoscere “La Madre di Tutte Le Acque”, il fiume Mekong, potrebbe essere interessante, ma devo capire con quali mezzi e con che approccio. È l’istinto che mi ha portato quaggiù, ma per trovare i se e i come, la missione e gli obiettivi, devo entrare a poco a poco in questo nuovo mondo. Ci vogliono tempo e pazienza per creare la motivazione.
Avventurarsi in un ecosistema diverso richiede innanzitutto una conoscenza minima e indispensabile delle sue caratteristiche, abitanti e pericoli.
Come il turbolento Klondike era stato per me una palestra per avvicinarmi alla Tundra e ai suoi fiumi, ho trovato nel fiume Nam Tha, in Laos, il campo di gioco ideale per scoprire la giungla.
Per fare questo sono arrivato a Bangkok il 19 febbraio e ho subito fatto una maratona di bus locali fino a Luang Nam Tha. Ho dovuto cercare una guida, perché il primo passo in un nuovo ecosistema non può essere fatto da solo.
26 Febbraio – Luang Nam Tha
Da subito, già mentre carichiamo il nostro canottino, Kahn, 36 anni e guida professionista, si dimostra gentile e molto preparato. Il suo inglese è molto scarso, ma dopo pochi minuti di pagaiata, mentre scendiamo verso Nalè sul Nam Tha, troviamo il nostro codice per comunicare.
Quale avventura più affascinante della comunicazione per necessità tra due uomini cresciuti agli estremi del globo?
Quando ci stiamo per incagliare per fondale troppo basso lui dice “Mr. Igor, water no deep, no deep, sorry”. Mentre se vuole fare una pausa dice “STOP, EAT 10 MINUTE”. Sebbene sia un maestro nelle rapide, che non vanno mai oltre il secondo grado data la stagione secca, Kahn ha un’autonomia di poco meno di due ore. Poi deve mangiare. Non so se avete presente quanto mangiano i laotiani, ma per darvi un’idea, al momento del calcolo delle provviste per tre giorni di viaggio, mi aveva detto “ONE KILO RICE”. Un chilo di riso in due al giorno? Esagerato Kahn, cazzosiamoincrociera? Ma Kahn intendeva solo per lui. Ah…
Non mi aspetto che capisca perché io passi il mio tempo a calcolare medie e tempi sul nostro percorso, poiché non è abituato ai ritmi di una spedizione o a un certo tipo di esercizio in funzione di un lungo viaggio. Lui porta di solito i turisti a fare il bagno nel fiume o a fare foto nei tratti panoramici, con i ritmi di chi va in vacanza e vuole rilassarsi. In generale comunque a lui interessa non remare per più di otto ore al giorno e mangiare quanto più è possibile. E va bene Kahn.
Questo pare essere tipico della cultura Lao. Non sono viaggiatori e non capiscono il bisogno di lasciare la propria provincia se a casa c’è cibo in tavola e nessuno sta male. Anche questo è da mettere in conto per la spedizione. Se si parte in due e uno non è motivato come l’altro, si è già davanti a un fallimento annunciato. Ogni tanto Kahn dice “Stop, Phom, Good, eat” e accosta per raccogliere delle verdure molto buone da fare in padella. Altre volte si ferma dicendo “Bananà, flower, good”, impugna il suo coltello dalla lama corta e pesante e sparisce nella giungla. Uno si aspetta che torni con un fiore, ma dopo qualche minuto viene giù un intero albero di banano e lui torna soddisfatto, con in mano una sorta di grosso mango color amaranto, appunto il fiore di banano.
Alla sera Kahn sceglie il posto dove dormire. Si premura sempre di ispezionare la zona in cui montare il campo poiché, data la densità abitativa del Nam Tha, c’è sempre qualcuno che abita le sponde o ci lavora e non vuole creare malintesi. Buono a sapersi.
Mentre io metto addosso qualcosa di asciutto, lui dice “back in 5 minutes” e demolisce una foresta a colpi di machete. Neanche finisco di vestirmi, lui ha già tirato giù otto canne di bambù e trenta foglie di banano per costruire il nostro riparo notturno. Non solo, ma ha anche già fatto partire il fuoco…E ci mancherebbe! Vuoi che non cucini una cena luculliana dopo BEN otto ore di pagaiata?
Comunque. Sotto al riparo, che aiuto a costruire per impararne le tecniche, viene steso un telo di plastica. Un comunissimo telo di plastica. Kahn fa a fette il fiore di banano, internamente simile al carciofo, e lo mette a bollire. Poi lo pesta con un arnese ricavato da un ramo e lo conserva avvolgendolo in foglie di banano per il giorno dopo. Con bambù e foglie di banano hai praticamente a disposizione un servizio di pentole, se sai come utilizzarli.
Una canna verde, tagliata a dovere, puoi riempirla con acqua del fiume, sigillarla con una foglia ben piegata e poi metterla sul fuoco. Non brucia, ma riscalda abbastanza da far bollire l’acqua. Per questo per fare un caffè o bollire del riso nella giungla non servono pentolini.
La notte per me è piuttosto dura. Il tarp non isola dal terreno e devo usare tutti i miei vestiti puliti per creare uno strato che blocchi l’umidità. Agli insetti pensa la zanzariera. A Kahn che russa come un bambino non c’è rimedio. La colonna sonora alla lunga notte della giungla è il concerto dei rospi e degli animali notturni che comunicano come i mercanti in piazza, solo ad alta voce.
Alle 6:30 Kahn ha già ravvivato il fuoco e fatto il caffè e mi fa sentire in colpa per la mia pigrizia. Siamo avvolti dalla nebbia e fa freddo. Eppure del mio fidato compare di viaggio non posso fidarmi alla cieca perché mi tirerà uno scherzetto davvero fastidioso…